Che abbiate scalato cime impossibili, sciato fino alla morte dei sensi, travalicato passi con la sola forza delle vostre gambe, attraversato valli e guadato fiumi, oppure che vi siate semplicemente immersi in acque termali prodigiose come quelle dei Bagni Vecchi di Bormio, poco conta. Dopo una giornata all’insegna del benessere fisico e mentale, avrete tutti un unico comune denominatore a caratterizzarvi: uno stato famelico smodato tale da indurre a mangiarvi tutte le dita, a meno che non abbiate prenotato con il giusto anticipo il vostro tavolo al Ristorante Al Filò, al civico 6 di via Dante Alighieri a Bormio.
Uomo avvisato, mezzo salvato. Quindi non versate lacrime amare, care signore e signori, se non avrete la possibilità di oltrepassare quella enorme porta in ferro e vetro, di scendere i vecchi gradini della scala a chiocciola in sasso e pietre, e se non avrete il piacere di ritrovarvi magicamente catapultati indietro nel tempo. O meglio, fino al 1600: questa infatti è l’epoca a cui risalgono le volte in pietra del vecchio fienile con stalla, oggi adibito a ristorante. Un’epoca che viene rievocata anche dagli stessi arredi, con finiture ricche e colori caldi, come il rosso e l’ocra dei tessuti oppure come il testa di moro delle sedute e dei tavoli. Svariate le suppellettili in ferro appese alle pareti, pronte a sottolineare il passato montano rurale del luogo.
Un legame indissolubile quello con la tradizione valtellinese e la storia locale: il ristorante si trova infatti nel cuore del centro storico di Bormio, in una di quelle vie strette e anguste, lastricate a porfido, che pulsano ancora oggi di vecchie storie contadine. Persino il nome dato al locale, filò, ne richiama le origini: è un termine dialettale che sta a indicare le chiacchiere dei contadini nel tepore delle stalle, durante le lunghe sere d’inverno.
Un luogo che trasuda storia da tutti i pori con i suoi usi, costumi e tradizioni culinarie che Massimiliano Tusetti, Chef nonché patron del ristorante Al Filò, ha saputo reinventare con grande maestria e genio creativo. La sua cucina? Ovviamente semplice, come tradizione vuole, con materie prime valtellinesi, locali e stagionali. Ma studiata, ripensata e reinventata con proposte che a volte sorprendono, come le destrutturazioni: insolite ma che alla fine riconducono sempre all’emozione sensoriale primogenita delle antiche ricette. A volte invece lo chef rimane fedele alla tradizione valtellinese: piatti semplici e piccole variazioni d’ingrediente. Qual è la sua arma vincente? L’essenzialità che dona eleganza e raffinatezza al piatto.
E in cantina? Troverete ben 250 etichette pronte a soddisfare tutti i vostri gusti. Il pregio è ovviamente firmato Made in Valtellina, ma in lista non mancano di certo altre eccellenze italiane, così come il top degli champagne (sei per l’esattezza) e un ricco assortimento di grappe per chiudere in bellezza.