In diverse occasioni ognuno di noi ha constatato come Milano possa meravigliare attraverso gioielli nascosti: angoli, cortili e palazzi, sconosciuti o celati. Ma forse pochi potevano immaginare che Milano nasconde tesori anche dove l’immaginario porta a collocarli, ovvero sottoterra.
Inaspettatamente, mentre scendete dalle scale che da piazza Oberdan vi accompagnano alla metropolitana, fermatevi tra una rampa e la successiva e alzate lo sguardo: alla vostra destra troverete una porta chiusa e un’insegna “Albergo Diurno Venezia”.
Grazie al FAI, in alcune occasioni questa porta si apre e questo luogo è visitabile. E quando si spalanca c’è da rimanere a bocca aperta…
Qui il tempo si è fermato, si è accolti da un ampio salone con meravigliosi pavimenti elaborati con decori di mattonelle. Ai lati di questo atrio troviamo dei banconi in boiserie che ci svelano, susseguendosi, una biglietteria ferroviaria – aerea e marittima – un fotografo, un ufficio informazioni, una coiffeuse per signore, un servizio manicure e pedicure con il relativo prezziario, un bar con un grande specchio dal piombo annerito e un elegantissimo barbiere con diverse postazioni, incorniciate da mattonelle bianche e nere, complete di una ampia specchiera e di poltrona girevole in pelle rosso rubino.
Al cospetto di questa scenografia ci viene facile e immediato immaginare le scene che avvenivano in questo luogo e le persone che lo frequentavano. Vediamo davanti a noi eleganti signore che si fanno aggiustare l’acconciatura oppure rinfrescare il cappellino; commessi viaggatori che si concedono un servizio di barba e capelli; gentiluomini che si fanno lucidare le scarpe dopo una passeggiata ai Giardini o sui Bastioni; coppie di sposini che prenotano un biglietto ferroviario per la loro luna di miele.
Ci inoltriamo ulteriormente in questo sotterraneo e a seguito di uno scalino, che con il suo mosaico ci fa da promemoria dell’anno di inaugurazione del complesso termale che compare al nostro cospetto, troviamo due corridoi paralleli, ciascuno dei quali con un susseguirsi di porte che al loro interno conservano sale da bagno con enormi vasche e ampi lavandini, ognuna diversa e personalizzata con pareti a righe larghe bianche e nere, o tinta unita in tonalità pastello.
Travolti da una decadenza che amalgama stupore e malinconia, lo percorriamo fino in fondo e risalendo ci ritroviamo a emergere sotto la pensilina originale, in via Tadino, tanto è vasta l’estensione di questo luogo. Scopriamo anche che le due colonne di cemento che svettano sulla piazza, sono in realtà i condotti di scarico dei vapori delle terme stesse.
Questa è una storia che inizia nei primi del ‘900, quando un imprenditore lungimirante di nome Cleopatro Cobianchi ebbe occasione di fare diversi viaggi di lavoro a Londra insieme a suo fratello Stanislao. I due portavano avanti gli interessi dell’azienda di famiglia, produttori di un certo Amaro Montenegro. Ebbene, egli rimase colpito dal successo che riscuotevano i bagni diurni adiacenti le stazioni metropolitane della città: ambienti puliti e ben curati, nei quali si dava la possibilità a viaggiatori e non, di usufruire di bagni pubblici, docce e servizi aggiuntivi quali coiffeur e barbiere.
Il signor Cobianchi comprese subito che una versione milanese, riveduta e corretta, sarebbe stata ottimale per la città, da sempre stata un crocevia di energia, di innovazione e un’anticipatrice delle esigenze della clientela. Oggi, all’inizio di questo secolo, così come all’inizio del secolo scorso.
Gli Alberghi Diurni milanesi non erano solo dei bagni pubblici per ovviare al problema dell’igiene, ma potevano essere definiti delle terme poiché dedicati alla cura del corpo e del benessere individuale, oltre che alla fornitura di servizi aggiuntivi. Vennero progettati luoghi eleganti e spaziosi, in stile liberty o art déco, ambienti arredati con mobili di pregio e dettagli ricercati: pavimenti in marmo, mosaici, rubinetterie in ottone, vetri colorati e ceramiche.
Furono subito un successo, utilizzati oltre che dai viaggiatori anche da molti milanesi. Il suo nome ufficiale era Albergo Diurno Metropolitano ed era aperto tutti i giorni dalle 7 alle 23. Venne progettato dall’ingegner Troiani, l’aspetto decorativo fu affidato all’architetto Piero Portaluppi e fu inaugurato nel 1926. Le terme furono successivamente chiuse nel 1985 e le attività si spensero una ad una fino a che l’ultimo barbiere lasciò l’albergo nel 2006.
In trepida e curiosa attesa su quei gradini ho incontrato un distinto signore, di una certa età e con un sorriso stampato. Mi ha raccontato che lui alle all’Albergo Diurno Metropolitano ci era stato qualche decennio fa, la mattina del suo matrimonio, per usufruire delle sale da bagno e imbellettarsi. E che anche lui e i suoi ricordi erano ritornati a visitare questo luogo magico.
Vi consigliamo quindi di tenere d’occhio il calendario del FAI e di prenotarvi per una visita… mettetevi in fila!